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Cannabis terapeutica, difficoltà applicative della l. 94/98 (Legge Di Bella).

  • Elisa Treppiedi
  • 16 ago 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

a cura di Elisa Treppiedi

E' una tranquilla mattina di agosto, sei in ferie, e vagando per il web ti imbatti in un articolo di un noto quotidiano, in cui parla Lei, una leccese affetta da sclerosi multipla e il marito, che si reinventa farmacista preparatore per aiutare sua moglie, visibilmente sofferente a causa di questa malattia degenerativa che distrugge il corpo e fiacca l'anima. Nel video viene esposto il doppio problema, l'acquisto in farmacia territoriale costa troppo, i medici in contesto ospedaliero rifiutano la prescrizione e al contempo la farmacia ospedaliera è sprovvista di laboratorio galenico per allestire le preparazioni. Entrambe facce di una stessa medaglia, uno Stato che vuole evitare a tutti i costi l'uso della cannabis terapeutica.

Molti si chiederanno perchè usare per forza una “droga” quando esistono tanti farmaci che possono essere usati. Questa domanda può nascere dalla non conoscenza delle cose.

La prescrizione della cannabis arriva quando le altre terapie convenzionali non hanno più effetto. Non tutte le tipologie di cannabis prescritta hanno la porzione “psicoattiva”, quella che dà il famoso effetto “sballo”, come la Bedrolite.

Un fattore davvero importante per un malato cronico o terminale è la qualità della vita e i farmaci ad oggi in commercio, nella maggior parte dei casi ne riducono notevolmente la qualità.

Come riferisce la protagonista del servizio, da quando fa uso di cannabis la qualità di vita è migliorata, riferisce inoltre di un arresto del carattere degenerativo della malattia a seguito dell'uso di Bedrocan, varietà olandese della cannabis.

Veniamo ora alle considerazioni di quanto visto e letto. C'è un aspetto che mi terrorizza notevolmente, ed è la cura fai da te, il fatto che questi pazienti e i loro familiari si improvvisino medici o farmacisti preparatori, e con ciò non dico certo che non si documentino prima di affrontare questo tipo di impresa, ma siamo certi che sia la cosa giusta? Un forno di casa non darà mai una decarbossilazione controllata. Senza analisi del titolo non si saprà mai cosa effettivamente si sta somministrando al paziente. Con tale affermazione non sto certamente condannando nessuno, ma sto ponendo un grosso interrogativo sul perchè lo Stato invece di prendere in mano le redini di questa seria questione, onde evitare situazioni di tal tipo, in cui non esiste nessun controllo , non convochi un tavolo tecnico per aiutare le migliaia di persone che versano in condizioni analoghe alla coppia di Lecce.

Ed a questo punto che sorge un altro interrogativo.

È forse una questione meramente economica o l'ignoranza a far si che la situazione resti immutata, facendo preferire farmaci convenzionali come la morfina (prodotto di sintesi che dà tolleranza in tempi molto brevi ma confezionata dalle case farmaceutiche ) all'uso della cannabis allestita in una farmacia come preparato magistrale, cioè da ricetta medica indicato in modo specifico per il paziente destinatario, costruita ad hoc intorno alla sua specifica esigenza terapeutica e nel rispetto del suo quadro clinico generale.



 
 
 

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