Il “caso” di Elisa (e di Dj Fabo, Eluana, Piergiorgio...). Il c.d. «testamento biologico» in Italia
- Tina Noto
- 6 ago 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Un tema, quello del fine vita, sempre attuale eppure dibattuto da decenni senza una soluzione. Sebbene, secondo un recente sondaggio, il 77% degli italiani si dichiari favorevole ad una legge che lo regolamenti e nonostante le ripetute pronunce e sollecitazioni da parte della giurisprudenza, in Italia il Parlamento stenta a trovare accordo sul c.d. testamento biologico. La proposta di legge recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni di volontà anticipate” è stata approvata alla Camera il 20 aprile scorso e successivamente trasmessa al Senato, dove pare essersi arenata. Lo snodo essenziale della questione è il disaccordo circa la possibilità di concedere al cittadino il riconoscimento del diritto alla autodeterminazione anche nella fase finale della propria esistenza, colorando la querelle talora con connotazioni sacrali, talaltre paternaliste, senza mai delinearla per quel che semplicemente è: il diritto dell’individuo di essere padrone del proprio progetto esistenziale ed in tutte le fasi, compressa l’ultima. Il testo della proposta affonda le sue radici nel principio del consenso informato, riconosciuto quale valore fondante dell’atto medico, ponendosi quale elemento di sintesi tra due diritti, l’autodeterminazione ed il diritto alla salute (artt. 2, 13 e 32 Costituzione), così come cristallizzato nell’art. 1 della proposta. L’esperienza ha tuttavia fornito un quadro ben diverso, riducendo spesso il consenso alla mera firma di un modulo che, il più delle volte, ha come unica finalità quella di ridurre al minimo la responsabilità dei professionisti sanitari. I numerosissimi casi – vedasi da ultimo, ma non ultimo, l’esperienza di Fabiano Antoniani (Dj Fabo) - possono far pensare che sia ormai chiarito il ruolo del consenso del paziente quale fondamento dell’atto medico e come, prima di tutto, estrinsecazione di quella signoria su di sé. Purtroppo, però, lo scollamento tra le linee di principio e la realtà, specie in ambito sanitario, in cui prevale ancora una visione paternalista, rendono necessaria l’approvazione di una legge che delinei chiaramente i confini di questo delicato settore della vita. Lo scopo della proposta di legge è, dunque, privilegiare ed evidenziare che la relazione di cura si riferisce alla persona, il paziente, quale portatore di idee, credenze e progetti di vita, una relazione dinamica fondata sull’incontro, sempre in divenire, tra la volontà del paziente, oggetto delle cure, ed il medico il quale presta le cure in virtù del suo ruolo e laddove l’espressione “relazione di cure” rimandi ad una accezione dinamica e non statica del rapporto. Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), note ai più come testamento biologico, sono il veicolo attraverso il quale l’insieme dei valori e delle volontà del paziente vengono attualizzati ad un momento in cui non può più essere in grado di esprimerle perché incapace. In altre parole, si intende quella dichiarazione scritta e firmata dalla persona titolare dei diritti di cui agli artt. 2, 13 e 32 Cost. in età legale ed in condizioni tali da intendere e volere, al fine di dare indicazioni al medico ed al personale sanitario sui trattamenti che si intende ricevere o rifiutare in caso di malattia grave o terminale, nella previsione della perdita di detta capacità di intendere e volere. Tale nozione è stata trasfusa nel primo comma dell’art. 3 della proposta, il quale recita: “Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito nominata «fiduciario», che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”. Innovazione rispetto alle altre precedenti proposte è la previsione di cui all’art. 4 di una pianificazione condivisa delle cure, rispetto all’evolversi di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, pianificazione alla quale “il medico e l’équipe sanitaria sono tenuti ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità”. Il fine del testamento biologico è, in definitiva, il superamento della risposta plurisecolare della medicina, di stampo paternalista, alle situazioni in cui il consenso informato non risulti sufficiente. Un documento di siffatta portata consente una partecipazione attiva e preponderante dell’unico soggetto titolare dell’autodeterminazione nella relazione clinica: il paziente.
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