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Approvato il Codice di condotta ONG.

  • legaladviceinitaly
  • 4 ago 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Approvato il Codice di condotta ONG. Vediamo insieme perché non è in grado di imporsi alle Ong Approvato il Codice di condotta ONG, ma tale documento nonostante il grande clamore mediatico suscitato non ci sembra in grado di imporsi realmente alle Ong e arginare il flusso di migranti.

Il punto debole del Codice è la norma di chiusura dello stesso, in particolare l’art. 13 rubricato “In caso di infrazioni”. In realtà, a ben vedere in tale articolo non è stata specificata un’eventuale interdizione dai porti, ma è previsto che "la mancata sottoscrizione" del Codice di condotta o "l'inosservanza degli impegni in esso previsti” possa “comportare l'adozione di misure da parte delle autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della legislazione internazionale e nazionale, nell'interesse pubblico di salvare vite umane".

A nostro giudizio sta proprio in questa ultima disposizione l’impossibilità per l’Italia di adottare eventuali misure contro le navi Ong, come ad esempio quella di chiudere i porti italiani alle stesse.

Vediamo insieme cosa dispone la legislazione internazione e nazionale cui l’art. 13 del codice di condotta delle Ong fa riferimento.

La convenzione di Amburgo del 1979 sul soccorso marittimo prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

Per questi motivi le ong trasportano in Italia – e solo in Italia – tutte le persone che soccorrono nel tratto di mare fra Libia e Italia.

La chiusura dei porti sembra irrealizzabile anche per incompatibilità con le norme previste dal Testo Unico sull’immigrazione del 1998, che regola «l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato» dei migranti.

L’articolo 10 del quale parla dei respingimenti, cioè la pratica di allontanare uno o più migranti che secondo lo stato non sono nella condizione di poter essere accolti. Il Testo specifica chiaramente che il respingimento non può avvenire «nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari». La legge italiana, in sostanza, vieta di respingere persone che chiedono di ottenere una forma di protezione internazionale, cioè o l’asilo politico o la protezione per motivi umanitari. Dato che tutti i migranti che arrivano in Italia hanno diritto di fare richiesta di protezione, sarebbe difficile trovare una base legale per respingerli ancora prima che ne abbiano avuto la possibilità.


Per tutto quanto esposto, a nostro giudizio, il codice di condotta delle Ong si presenta come un documento dal grande peso politico ma con scarso valore giurdico.

 
 
 

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